• Poesia •
di Nonno Franco
Un po’ di febbre. Niente di preoccupante, niente di grave. Chi ha figli sa bene che queste cose succedono: una suppostina, una notte di sonno e via, passa tutto. Alessandro quella sera di venerdì 11 novembre 2005 aveva la temperatura alta. Non ci siamo allarmati. Alessandro è il nostro secondo bambino, è nato a Roma il 26 maggio del 2004. Con la più grande, Cecilia, cinque anni a luglio prossimo, ci eravamo già passati tante altre volte: influenze, raffreddori, malattie esantematiche. Non siamo genitori particolarmente ansiosi, e con Alessandro che è sempre stato un bimbo sano e forte abbiamo affrontato tutto con grande disinvoltura.
Ma la mattina del 12 novembre ci siamo subito accorti che quella non era una febbre qualsiasi. Alessandro aveva macchie su tutto il corpo, macchie strane. E la temperatura, appena sveglio, già sfiorava i quaranta gradi. Abbiamo subito capito che era qualcosa di grave, di gravissimo. Una parola che solo a pronunciarla fa paura: meningite, per poi scoprire che era ancor di più, sepsi meningococcica. Non c’era tempo da perdere. Non c’era quasi più tempo.
Una corsa all’ospedale più vicino a casa, il Policlinico Umberto I. E’ inutile raccontare il terrore, la pena, l’angoscia: non ci sono parole adeguate. Al Pronto Soccorso Pediatrico hanno lottato contro il tempo, contro i minuti che scivolavano via mentre la vita di Alessandro era legata a un filo di speranza sempre più sottile. Sempre più sottile. Più sottile. Un niente lo teneva ancora legato alla vita.
A quel poco più di niente Alessandro è rimasto appeso per dieci giorni nella sua piccola stanzetta della Terapia Intensiva Pediatrica. In coma. Vederlo lì, dietro al vetro, collegato a sonde e tubi. Il nostro bambino. Il nostro piccolo Alessandro nell’ombra cupa, nel buio, nell’abisso del male che se lo voleva portare via.
Ciascuno di noi può ritenere che lo abbiano salvato le preghiere di chi ha pregato, l’amore di chi lo ha amato e lo ama, la forza disperata che ciascun genitore ritrova in se stesso quando è in gioco la vita dei propri figli. Non lo sapremo mai.
Ma sappiamo una cosa. E la sappiamo con certezza. Alessandro è stato salvato dalla straordinaria squadra di medici, infermieri, portantini della Terapia Intensiva Pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma. Sotto la guida del professor Corrado Moretti, Primario anche del Pronto Soccorso Pediatrico, abbiamo visto quegli uomini e quelle donne lavorare senza sosta, in situazioni troppo spesso inadeguate. Hanno fatto tutto il possibile per salvare Alessandro e non abbiamo mai sentito una volta le parole della burocrazia: “Non si può fare, non è di mia competenza, è fuori dal mio orario di lavoro”.
Alessandro ha trovato in quel reparto tanti padri e madri e sorelle e fratelli: professionisti che gli hanno voluto bene perché, molto semplicemente, un bambino da salvare è una vita da salvare e da rispettare. E siamo stati salvati e rispettati anche noi genitori: con delicatezza, con tatto, con gentilezza e affetto.
Questa è una favola brutta a lieto fine. Alessandro è stato salvato. E’ tornato a casa, dalla sua sorellina, dal suo papà e dalla sua mamma. Ma noi sappiamo che Alessandro ha adesso un’altra casa, un luogo dove è nato per la seconda volta.
Ecco perché abbiamo voluto dire grazie a tutti quelli che gli hanno salvato la vita. Ma vogliamo dire un grazie anche più grande e ambizioso: un grazie a tutti quelli che faranno qualcosa per questi medici e per questo lavoro.
Abbiamo fondato l’associazione “Amici di Alessandro” per sostenere il lavoro di medici, infermieri, operatori sanitari, volontari e tutti coloro che hanno permesso la nascita e l’attività dei Reparti di Pronto Soccorso Pediatrico e Terapia Intensiva Pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma. Lo faremo attraverso raccolta di fondi, attività di sensibilizzazione, iniziative di stimolo alle istituzioni pubbliche per migliorare questa isola felice di persone efficienti e umane che danno valore e dignità alla sanità pubblica della nostra città e del nostro Paese.
Abbiamo iniziato a farlo e continueremo perché altri bambini possano essere aiutati a rinascere, come è successo al nostro Alessandro.Â
Lorenza Dorascenzi e Stefano Giroldini,
la mamma e il papà di Alessandro
di Nonno Franco
Alessandro
irresistibilmente
una strada inclinata
ti faceva precipitare
verso la fatale porta
senza speranza di ritorno
come un piccolo Orfeo
Lagrime e preghiere e offerte di scambiare vita con vita a dèi
e santi della nostra storia e a qualunque potenza ultraterrena
alfine interstellare.
Sempre discretamente ma in completa ostensione
innanzi al sacro
dovunque
rifulga
e illuminando il sangue
per dare forza alle nostre mani rese adunche
per sostenerti, non farti precipitare
rischiando l’esplosione dei nostri cuori.
La catena dell’amore ha coinvolto
con la dedicazione totale
i dottori del dolore
con la scienza intrisa
di anima.
I voti
al mistero piacendo
si stanno esaudendo
con tremore
ma il desiderio è così potente
da abbattere il muro dell’ansia.
Sì, si avvererÃ
ab ovo il destino di slancio ti ha promosso dalla classe
dei “chiamati” a quella degli “eletti”
per eleggerti “beniamino”.
Volavi verso le braccia come un uccello del Paradiso
chi veniva scelto per un attimo toccava il cielo.
Porterai per sempre
come appartenenza
a Yahweh
il lembo di carne come pegno di sangue istituito da Abramo
e ancora mostrerai al mondo incisi sul tuo corpo
la memoria perenne del tuo dolore
Del nostro dolore
sacralizzando un’epoca lunga quanto un’epifania.
Tu saprai che Yahweh ha accettato il tuo sacrificio
offerta che trasfonderà dal figlio
a te, angelo risorto.